I Giardini Reali sono uno degli
elementi di fascino del complesso dei Musei Reali, un'area verde, nel
cuore della città che i torinesi hanno sempre apprezzato. Il nucleo
originario è compreso tra Palazzo Reale e la Galleria Sabauda, e fu voluto da Emanuele Filiberto (più
si conosce la storia di Torino, più si apprezza la capacità visionaria di
questo Duca e più dispiace che sia così sottovalutato nella
divulgazione della storia italiana). Di qui, dal
cosiddetto Giardino del Duca, le aree verdi ducali si espansero fino
ad arrivare al Bastion Verde, dove fu costruito per Carlo Emanuele I un belvedere, utile anche per controllare i movimenti nella
pianura; attraverso il cosiddetto Boschetto e il Giardino
delle Arti, arrivarono fino all'area dell'attuale Cavallerizza Reale. Uno spazio
molto esteso, che i giardinieri dei sovrani adattarono al gusto del
loro tempo e che, però, furono poi condizionati da André Le
Nôtre, del quale rimasero tracce estetiche anche nei secoli
successivi.
Nel 1817, il ritorno di re Vittorio Emanuele I fu salutato da nuovi lavori di abbellimento e furono costruiti ampli viali intorno a Torino: a nord della città, non più dotata di mura, abbattute in epoca napoleonica, si decise di assegnare alla Corona lo spazio tra i bastioni e i nuovi corso Regina Margherita e corso San Maurizio. Nacquero così i Giardini Reali inferiori, che furono recintati per essere a uso esclusivo della Casa Reale. Immaginate questa grande area di oltre 100mila metri quadrati, unitaria, dal Giardino del Duca originario, fino al Giardino di Levante, passando attraverso aiuole e fontane o passeggiando lungo i bastioni da quello Verde a quello di San Maurizio; e poi giù, oltre i bastioni, a godere di prati e alti alberi dei Giardini inferiori. Il tutto senza soluzione di continuità.
Insisto su questo punto perché all'inizio del Novecento, con la capitale ormai spostata a Roma e il Palazzo Reale utilizzato dai sovrani solo periodicamente, si fece pressante la necessità di collegare in modo rapido piazza Castello e il sempre più importante corso Regina Margherita (dal centro era già raggiungibile con l'apertura di via XX settembre, che aveva comportato l'abbattimento del Quartiere Svizzero, e più a est, di via Rossini). Così, la Casa Reale diede l'autorizzazione di aprire il viale dei Partigiani, proprio in mezzo ai Giardini Reali, rompendo per sempre la loro unitarietà. E non solo: i Savoia concessero l'apertura al pubblico dei loro Giardini Inferiori, che divennero uno dei luoghi di svago e di passeggiate prediletti dai torinesi. L'apertura di viale dei Partigiani fu una festa e, come testimoniano le foto dell'epoca, il viale rivelò subito la sua importanza strategica per la mobilità torinese: le prime linee dei tram risalivano verso piazza Castello, collegando rapidamente i nuovi quartieri settentrionali con il centro nevralgico del potere e della città. E i Giardini divennero, e sono ancora, una sorta di filtro tra la città moderna, di edifici di epoche ed eleganze diverse, e la città barocca, con la sua architettura omogenea, di cui piazza Castello è uno degli emblemi principali.
I lavoro in corso ai Giardini Reali non potranno renderci l'unitarietà perduta, a volte bisogna accettare il cammino della storia, anche se spezza l'incanto del passato.
I Giardini del Duca, nucleo originario dei Giardini Reali (sin), cartina dei Giardini Reali (des)
dal sito web dei Musei Reali di Torino
dal sito web dei Musei Reali di Torino
Nel 1817, il ritorno di re Vittorio Emanuele I fu salutato da nuovi lavori di abbellimento e furono costruiti ampli viali intorno a Torino: a nord della città, non più dotata di mura, abbattute in epoca napoleonica, si decise di assegnare alla Corona lo spazio tra i bastioni e i nuovi corso Regina Margherita e corso San Maurizio. Nacquero così i Giardini Reali inferiori, che furono recintati per essere a uso esclusivo della Casa Reale. Immaginate questa grande area di oltre 100mila metri quadrati, unitaria, dal Giardino del Duca originario, fino al Giardino di Levante, passando attraverso aiuole e fontane o passeggiando lungo i bastioni da quello Verde a quello di San Maurizio; e poi giù, oltre i bastioni, a godere di prati e alti alberi dei Giardini inferiori. Il tutto senza soluzione di continuità.
Insisto su questo punto perché all'inizio del Novecento, con la capitale ormai spostata a Roma e il Palazzo Reale utilizzato dai sovrani solo periodicamente, si fece pressante la necessità di collegare in modo rapido piazza Castello e il sempre più importante corso Regina Margherita (dal centro era già raggiungibile con l'apertura di via XX settembre, che aveva comportato l'abbattimento del Quartiere Svizzero, e più a est, di via Rossini). Così, la Casa Reale diede l'autorizzazione di aprire il viale dei Partigiani, proprio in mezzo ai Giardini Reali, rompendo per sempre la loro unitarietà. E non solo: i Savoia concessero l'apertura al pubblico dei loro Giardini Inferiori, che divennero uno dei luoghi di svago e di passeggiate prediletti dai torinesi. L'apertura di viale dei Partigiani fu una festa e, come testimoniano le foto dell'epoca, il viale rivelò subito la sua importanza strategica per la mobilità torinese: le prime linee dei tram risalivano verso piazza Castello, collegando rapidamente i nuovi quartieri settentrionali con il centro nevralgico del potere e della città. E i Giardini divennero, e sono ancora, una sorta di filtro tra la città moderna, di edifici di epoche ed eleganze diverse, e la città barocca, con la sua architettura omogenea, di cui piazza Castello è uno degli emblemi principali.
I lavoro in corso ai Giardini Reali non potranno renderci l'unitarietà perduta, a volte bisogna accettare il cammino della storia, anche se spezza l'incanto del passato.
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